Nell’ambito sanitario la sfida dell’innovazione costituisce uno degli obiettivi principali del settore, poiché i problemi che si ritrova ad affrontare tendono ad essere complessi, dinamici e specifici oltre al fatto che a volte possono sorgere in maniera rapida ed imprevedibile, aumentando l’urgenza di elaborare risposte immediate ed efficienti.
Come già accennato negli articoli precedenti è necessario tenere in considerazione che le persone stanno diventando più consapevoli dell’esperienza che vogliono avere e che alla luce delle problematiche socio-sanitarie del contesto (come l’obesità, l’anoressia, il diabete, malattie respiratorie ecc..) significa che per fornire un’assistenza sanitaria sostenibile, è necessario applicare approcci per sviluppare soluzioni in grado di portare una maggiore centralità della componente umana del paziente nel settore e all’interno del lavoro degli operatori sanitari.
Secondo Danielle Schlosser e Silvia Vergani i tre cambiamenti di mentalità che stanno attualmente spostando l’assistenza sanitaria in una direzione più centrata sulla persona sono:
- Passare da un’assistenza basata sulla prestazione ad una basata sul valore che questa può dare al paziente misurando l’impatto dell’approccio adottato.
- Cambiare la prospettiva del ruolo della persona, passando da una visione assistenziale ad una che stimola la proattività degli utenti.In questo senso, tutti hanno il potere di conoscere il proprio corpo e la propria salute prima che qualcosa vada storto in loro. La salute sta diventando un processo di autoesplorazione, che crea punti di ingresso per le persone nei sistemi dell’offerta sanitaria. (es. 23andMe Kit per il Test del DNA).
- Bilanciare gli aspetti di regolamentazione con quelli della sperimentazione. Uno dei principali temi legati a questo livello di cambiamento è dato dalla privacy e di come questo elemento tenda spesso a bloccare tentativi di prototipare nuove soluzioni che potrebbero non essere ancora pronte per essere messe a regime al di fuori degli standard di sicurezza prestabiliti, se non attraverso la scappatoia del consenso informato.
Questo approccio all’innovazione è stato adottato da numerose realtà in ambito sanitario, grazie anche all’impiego del metodo del Design Thinking il cui framework operativo guidato dall’empatia e dalla interfunzionalità rappresentano i princìpi necessari per innovare nel settore sanitario. Infatti, il Design Thinking non è solo un metodo di progettazione che adotta un approccio creativo e centrato sulla persona per risolvere “problemi complessi” ma permette di identificarli e definirli. Questo elemento è importante perché in molti contesti l’assistenza sanitaria ha scelto di adottare un approccio basato principalmente sull’evidenza, in cui c’è una forte dipendenza dalle indagini quantitative per accertare quali sono i problemi e quanto possano essere efficaci le soluzioni. Questo è molto importante, ma non è tutto poiché i dati quantitativi sono utili solo se si sa quali domande porre e risulta essere poco efficace nel valutare quali siano le esigenze di un gruppo di persone.
In tale contesto il Design Thinking è un metodo necessario per un cambio di prospettiva che pone le persone al primo posto per comprenderne le vite e le sfide specifiche, al fine di identificare i bisogni e trovare soluzioni coerenti.
La richiesta di intervento
Durante quest’ultimo anno, nonostante le difficoltà del periodo, Train de Vie Factory ha avuto l’opportunità di accompagnare in un percorso formativo l’Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile dell’Azienda Ospedaliera di Padova.
Tra le richieste vi era anche quella di sperimentare lo sviluppo e il miglioramento di alcuni aspetti del servizio di Day Hospital.
I pazienti seguiti dalla struttura vengono sottoposti ad interventi limitati alle funzioni necessarie del servizio che prevedono in linea generale una prima fase di sedazione, la successiva analisi/indagine strumentale e infine la dimissione del paziente.
L’essenzialità del servizio applicata a pazienti di giovane età ai quali si aggiungono poi la complessità delle relative patologie specifiche, ha evidenziato la necessità di introdurre delle pratiche integrate di intervento orientate al supporto e al miglioramento dell’esperienza del paziente in regime di Day Hospital.
Il percorso di Capacity Building
Il percorso fatto si è articolato in 10 incontri “laboratoriali” di 2 ore ciascuno con i membri dello staff del D.H. attraverso la metodologia del Design Thinking e più nello specifico del service design.
Il laboratorio è iniziato con un primo allineamento del gruppo di lavoro rispetto ai punti di debolezza e alle opportunità di sviluppo del servizio rilevati a partire dall’obiettivo di cambiamento della richiesta di intervento.
Questa prima attività di allineamento del gruppo rispetto all’obiettivo progettuale, ha consentito di far emergere alcuni degli aspetti più utili per fornire alcune chiavi di lettura per lo sviluppo di una soluzione coerente all’obiettivo posto.
Successivamente si è invitato il gruppo di lavoro a riflettere sui profili dei pazienti che potevano essere direttamente collegati alla sfida, allo scopo di far emergere più visioni diverse del bisogno in base all’età e alla patologia. Da questa attività sono stati elaborati 8 profili di età compresa tra gli 8 e i 16 anni con diverse patologie che vanno dai disturbi di ansia, alla ADHD fino ad arrivare ai D.C.A. (Disturbi del Comportamento Alimentare).
In questa fase si è potuto aprire una riflessione con i presenti sui diversi bisogni e particolarità dei loro pazienti consentendo al gruppo di lavoro di focalizzare l’attività progettuale su di un’unica categoria di utenti.
A seguito della scelta del profilo si è proceduto con un ulteriore fase di approfondimento, definizione e formalizzazione dei bisogni e delle particolarità del gruppo target che ha fatto emergere due principali aspetti utili per orientare la successiva fase di ideazione:
- il tema della gestione del processo di “accettazione” del percorso in regime di D.H.da parte del paziente;
- la necessità di operare anche sul resto del nucleo familiare dei pazienti al fine di migliorare le relazioni genitori-figli e genitori-staff nel contesto di Day Hospital.
Una volta individuato l’obiettivo specifico si è passati alla fase di ideazione che ha permesso di far emergere in maniera collaborativa diverse soluzioni coerenti ai bisogni individuati. Da qui è stato possibile per il gruppo di lavoro convergere verso un’unica soluzione che prevedeva lo sviluppo di un particolare percorso di accoglienza integrata in regime di Day Hospital che aiutasse gli utenti e le famiglie ad essere supportati e ad “accettare” il percorso terapeutico che li aspettava.
Il risultato del percorso
Prima di sviluppare l’idea elaborata dal gruppo, si è avviata una successiva fase di prototipazione che ha consentito di rilevare diversi elementi che permetteranno allo staff coinvolto di testare alcune componenti dell’idea di servizio prima della sua effettiva realizzazione.
Più in particolare sono stati individuati i seguenti elementi da testare:
- Equipe sperimentale multidisciplinare
- Laboratori espressivi per pazienti con D.C.A.
- Il pasto assistito
- Attività di gruppo per il benessere dei genitori dei pazienti con DCA
- Attività educativo-terapeutica il “Mio caro diario…”
- Questionario di valutazione dell’andamento del percorso in regime di Day Hospital
Il processo è poi proseguito andando ad elaborare le possibili metriche di valutazione dei test, i tempi di sviluppo e gli operatori responsabili andando di fatto ad elaborare un piano di lavoro per la messa a terra di alcuni degli aspetti dell’idea di servizio.Infine, durante la fase di sperimentazione da parte dello staff coinvolto sono state fornite le indicazioni necessarie per il monitoraggio dello stato di avanzamento dei test fatti attraverso lo strumento della “bacheca degli esperimenti” e delle schede degli apprendimenti per ridurre l’incertezza dell’idea elaborata dal gruppo.
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