Il contesto di intervento
Negli ultimi mesi abbiamo seguito un’impresa sociale che opera nel campo della disabilità intellettiva e che a partire dal 2018, ha iniziato un periodo di sperimentazione e sviluppo di un’iniziativa selezionata e sostenuta da finanziamenti regionali.
Il progetto finanziato dalla Regione ha visto l’implementazione di una serie di interventi finalizzati all’innovazione dei processi assistenziali di minori con sindrome dello spettro autistico e del relativo contesto familiare al fine di introdurre elementi di miglioramento dell’esperienza del servizio terapeutico e di conseguenza incidere sulla qualità della vita degli utenti attraverso interventi migliorativi che hanno insistito in particolare:
- sull’innovazione del processo degli interventi terapeutici operati da professionisti e operatori che trattano minori con sindrome dello spettro autistico;
- sull’innovazione e lo sviluppo di strumenti e sistemi altamente tecnologici di supporto alle terapie adottate.
La sperimentazione del progetto è stata concentrata nell’ambito di un centro servizi gestito dalla stessa impresa sociale presso il quale vengono effettuati interventi terapeutici specialistici attraverso la metodologia “A.B.A.” (Analisi Comportamentale Applicata) a circa 50 minori.
Le attività sperimentali condotte presso il centro servizi hanno prodotto risultati molto positivi sia per quanto riguarda il lavoro degli operatori del centro, sia per i miglioramenti ottenuti rispetto ai percorsi terapeutici degli utenti coinvolti.
Questi risultati hanno portato l’impresa a riflettere sui possibili impieghi delle tecnologie utilizzate e dei potenziali benefici per la comunità locale poiché il sistema sperimentato può essere in grado di:
- fornire un utile supporto nei servizi di assistenza domiciliare, seguendo da remoto anche i casi dislocati in aree territoriali più isolate e difficilmente raggiungibili come nel caso delle aree interne/montane;
- facilitare la formazione di “cluster di assistenza territoriale” per la sistematizzazione degli interventi;
- facilitare la collaborazione tra aziende, Istituzioni, Enti di ricerca, professionisti, famiglie, stakeholders.
A partire da queste riflessioni, frutto di un periodo di sperimentazione e apprendimento, la richiesta pervenuta dall’impresa riguardava un accompagnamento alla valorizzazione e messa a sistema dell’esperienza maturata nella fase sperimentale al fine di favorire lo sviluppo di un ulteriore canale di mercato trasformando il progetto in un’idea di imprenditoria sociale e quindi fonte di flussi e ricavi per l’impresa stessa.
Il percorso
Una volta definita la necessità dell’impresa si è proceduto con lo sviluppo di un percorso di capacity building che ha portato alla definizione dei possibili segmenti di clientela e dei relativi obiettivi di cambiamento a partire dai bisogni precedentemente individuati e analizzati.
Una volta chiarite le linee operative su cui l’idea di business si sarebbe concentrata, si è proceduto con la definizione degli elementi di sostenibilità attraverso un utile strumento del Design Thinking: il Business Model Canvas. Quest’ultimo, attraverso l’approccio del Visual Design, ha permesso di aiutare l’impresa a definire e descrivere il proprio modello di business, ovvero la logica secondo la quale un’organizzazione crea, distribuisce e cattura valore attraverso l’individuazione e la definizione dei principali elementi di desiderabilità, fattibilità e sostenibilità della specifica idea imprenditoriale.
Il Business Model Canvas in breve
Il Business Model Canvas (acronimo BMC) è stato ideato nel 2004 da Alexander Osterwalder e sviluppato nel 2010 dallo stesso Osterwalder con la collaborazione di Yves Pigneur, Alan Smith ed il supporto di una community di 470 esperti allocati in 45 nazioni e facenti parte di un progetto internazionale di sviluppo di questo strumento.
Uno dei principali obiettivi di questo strumento è la possibilità di offrire una visione d’insieme delle interconnessioni presenti e una rapida rappresentazione dei principali elementi che compongono un modello di business.
Il punto di partenza per ogni percorso di definizione e implementazione del modello di business di un’organizzazione dovrebbe cominciare da una comprensione condivisa del modello stesso in grado di essere capita da tutti. Più in particolare, la sfida è che il concetto di business deve essere semplice, pertinente e intuitivamente comprensibile, senza semplificare eccessivamente la complessità del funzionamento dell’idea imprenditoriale.
Proprio in questo senso, sfruttando la logica del “pensiero visivo” (visual thinking), il business model canvas è in grado di creare una sorta di linguaggio universale che consente di condividere e semplificare concetti complessi relativi al funzionamento dell’azienda, rendendoli comprensibili a tutti.
Il BMC può sembrare uno strumento per manager di grandi aziende o per imprenditori di startup innovative d’oltreoceano, ma è in realtà uno strumento ideale per avere una visuale chiara e schematica di un qualsiasi progetto di business, dal nuovo prodotto che si intende produrre, alla riapertura del negozio sotto casa fino al grande progetto industriale.
Questo concetto è stato applicato e testato in tutto il mondo ed è già utilizzato in alcune organizzazioni come IBM, Ericsson, Deloitte e molti altri. Se questo strumento non si caratterizzasse per stimolare nei componenti del gruppo di lavoro un linguaggio e un pensiero così condiviso, risulterebbe alquanto difficile mettere in discussione le ipotesi di sviluppo e innovare con successo il proprio modello.
Più in particolare il BMC cerca di descrivere i modelli di business attraverso nove blocchi di base che mostrano la logica di come un’azienda intende creare valore (economico, sociale ecc..) e questi ultimi si rifanno ai quattro principali elementi che caratterizzano la sostenibilità di un’impresa: clienti, offerta, infrastrutture e redditività finanziaria.
I nove blocchi del BMC possono essere raggruppati in due macro aree: una a sinistra e l’altra a destra (come nell’immagine). La parte di sinistra riguarda tutti gli aspetti interni di un’organizzazione, ciò che non si vede ma che è fondamentale per produrre e portare a termine la propria mission e generare valore. A destra c’è invece tutta la parte esterna all’azienda, riferita al modo con cui si ha intenzione di relazionarsi con la propria clientela. Non è una divisione fatta a caso, basti pensare al funzionamento del nostro cervello e al modo in cui è organizzato. L’emisfero sinistro è quello dedicato alla logica, al ragionamento, a destra invece dominano le emozioni, le sensazioni. Sono due aspetti totalmente in linea con le divisioni create da Osterwalder e la logica dei processi di “Human Centered Design”e a tal proposito se si definissero delle relazioni con i propri segmenti di clientela basate principalmente sulle componenti emotive che la proposta di valore innesca in loro, si andrebbe a sviluppare una logica creativo/produttivo del modello di business, mentre se invertissimo le due cose, si presenterebbero una serie difficoltà nel far quadrare i conti per poter garantire la sostenibilità dell’idea imprenditoriale.